Bosco di Vanzago - Sito IT2050006
Il Bosco di Vanzago si trova nella Città Metropolitana di Milano ed il suo territorio è compreso nei Comuni di Vanzago, Pogliano Milanese ed Arluno. La proprietà e la gestione di oltre 143 ettari è del WWF Italia, su una superficie complessiva del sito di circa 192 ettari.
Ambiente della riserva naturale è quello tipico planiziale, detto del “pianalto asciutto”.
Dagli inizi del 1900 più ricco d’acqua per la presenza della rete irrigua del Canale Villoresi che deriva le sue acque dal fiume Ticino.
I boschi sono il relitto dei grandi boschi di caccia dei Visconti e degli Sforza. Rilevante la presenza di specchi d’acqua di varia profondità (per un totale di 12 ettari).
La campagna della fascia più esterna è ricca di prati stabili, di siepi, filari, fasce alberate.
L'ambiente è in buona parte frutto di un interevento di riqualificazione ambientale operato negli anni da Ulisse Cantoni, originario proprietario della tenuta, che volle farne lascito all'associazione ambientalista, affinché si perpetuasse nel tempo la sua conservazione.
Nella Riserva sono presenti gran parte delle specie arboree dell'antico ambiente padano; in particolare i boschi sono formati da roveri secolari, farnie, olmi, aceri campestri, carpini bianchi, tigli, ciliegi selvatici e castagni.
Splendido nelle stagioni della fioritura il sottobosco dove spicca per bellezza e intensità di profumo il mughetto e la pervinca.
Vicino agli specchi d'acqua si sviluppa la vegetazione palustre, soprattutto nel bacino Lago Nuovo, dal quale emerge un isolotto colonizzato dagli ontani, dai salici bianchi e da un fitto canneto.
Il Lago Vecchio, invece, ha acque più ossigenate e ospita una fauna ittica più eterogenea (persici, lucci, tinche, cavedani).
Sono presenti 123 specie di uccelli di cui 53 nidificanti.
Durante i passi e in inverno gli specchi d’acqua si popolano di cormorani, gallinelle d'acqua, alzavole, moriglioni, germani reali, aironi cenerini, nitticore e tuffetti.
Nelle ultime stagioni fredde è comparso un visitatore d’eccezione per l’area padana: il grande Airone bianco.
Nel bosco vivono, tra gli altri, il picchio verde e quello rosso, il rigogolo, l’allocco, il gufo comune, lo sparviero, l'astore.
Tra i mammiferi, la donnola, la faina, il tasso, il ghiro, la lepre europea e una buona popolazione di caprioli, il simbolo della riserva, ai quali vengono lasciati a disposizione uno dei quattro tagli di fieno dei campi coltivati con criteri rigorosamente biologici.
Dal 1985 l’area è una Riserva Naturale Parziale forestale e zoologica (ai sensi della delibera del consiglio regionale 2113 del 27 marzo 1985).
L’ente gestore nonché proprietario, da lascito testamentario, di tale area protetta è il WWF-Italia che, per la manutenzione del sito, le tecniche di coltivazione e la ricerca, usufruisce di personale proprio, di obiettori di coscienza e di volontari.
L’area è caratterizzata dall’alternanza di aree prative polifite in cui sono state seminate leguminose e graminacee, campi coltivati, zone a bosco e piccole zone umide.
Sono infatti presenti due bacini artificiali, costruiti antecedentemente la gestione WWF per scopi venatori e alimentati da un canale secondario del Villoresi, oltre a piccoli laghetti collegati direttamente con i due bacini.
Vi è inoltre un piccolo allevamento sperimentale per la reintroduzione della vacca bovina montana o varzese: sono tuttora presenti quattro vacche che pascolano liberamente in circa 4 ettari di prato arborato.
All’interno dell’oasi si praticano studi sui metodi di coltivazione biologica compatibili con un’area protetta: si attua la rotazione delle colture senza l’utilizzo di diserbanti o concimi chimici, si coltivano mais, riso e segale per un totale di quasi 50 ettari.
Dal punto di vista geologico l’area è costituita da depositi ghiaioso-sabbiosi del Quaternario, di origine fluvio-glaciale, attribuibili al periodo della glaciazione Wurm.
Il clima è di tipo continentale moderato, tipico della Pianura Padana ed è caratterizzato da forti escursioni termiche annue: si hanno così inverni rigidi ed estati calde.
Le precipitazioni hanno due massimi, uno primaverile ed uno autunnale e una forte riduzione delle piogge in estate ed in inverno.
Il livello conoscitivo delle locali biocenosi risulta soddisfacente, costituito da dati più recenti soprattutto per quanto riguarda gli aspetti zoologici, mentre quelli floristico-vegetazionali, pur piuttosto esaurienti (l’ultimo studio fitosociologico è del 1989).
La costante ed attenta gestione da parte del personale e dei volontari, consente comunque di mantenere un discreto monitoraggio sulle condizioni ecologiche del sito.
Oltre ai sopralluoghi effettuati, per la compilazione della presente relazione si è fatto riferimento anche agli elenchi inseriti nel Piano della Riserva pubblicato sul 1° supplemento straordinario del BURL n 28 (luglio 1996).
VEGETAZIONE, FLORA E FAUNA
Il sito è caratterizzato da numerosi ambienti, tutti soggetti a manutenzione costante e pertanto da considerare semi-naturali. Ci si soffermerà soprattutto sulle cenosi boschive e sulle vegetazioni igrofile e ripariali, poiché la parte restante del sito, come i prati arborati e i coltivi, non è riconducibile ad alcuna vegetazione spontanea.
In generale si può affermare che le cenosi inserite negli Habitat non si trovano in uno stato di conservazione buono, nonostante i visibili miglioramenti determinati dal controllo delle infestanti esotiche. Il Piano Forestale prevede infatti la piantumazione periodica di specie autoctone e la rimozione delle specie esotiche più pericolose, al fine di abbassarne il tasso riproduttivo. Se da un lato quindi si assiste ad una trasformazione positiva delle cenosi, dall’altro si può affermare che tale evoluzione è all’inizio e non si ravvisa ancora la dominanza delle specie che dovrebbero essere potenzialmente presenti nel bosco.
Di seguito vengono riportate le tipologie vegetazionali: in primis quelle inserite come Habitat della Direttiva, poi le altre tipologie escluse dalla Direttiva, ma comunque ritenute significative.
HABITAT 9160: foreste di farnia e carpino dello Stellario-Carpinetum
E’ la vegetazione forestale potenziale propria della pianura e delle fasce collinari, divenuta rara in alcune zone in seguito al rimaneggiamento effettuato dall’uomo.
Il bosco di Vanzago si presenta a tutti gli effetti come una vegetazione relitta: al di fuori dell’oasi sono infatti presenti campi coltivati, filari boscati e piccoli nuclei abitativi.
Lo strato arboreo è dominato dalla robinia e dalle querce (Quercus robur e Q. petraea), spesso di dimensioni considerevoli (fino a 25 m di altezza). Talvolta si ha la presenza, per la verità rarefatta, di carpini bianchi (Carpinus betulus) e aceri (Acer campestre, A. pseudoplatanus).
Lo strato arbustivo, laddove presente, è dominato dal ciliegio tardivo, che impedisce la crescita di specie autoctone. Sporadica è quindi la presenza di noccioli (Corylus avellana), sambuchi (Sambucus nigra) e biancospini (Crataeus monogyna).
Anche lo strato erbaceo è quasi inesistente: permangono tuttavia alcune specie significative dal punto di vista conservazionistico, tra cui l’anemone dei boschi (Anemone nemorosa), il campanellino di primavera (Leucojum vernum), la pervinca (Vinca minor) e il sigillo di Salomone (Polygonatum multiflorum). Si rinvengono inoltre alcune essenze adattate a substrati acidofili, come la felce aquilina (Pteridium aquilinum), la gramigna di Parnasso (Maianthemum bifolium) e il mughetto (Convallaria maialis).
La cenosi ha subito pesanti rimaneggiamenti in seguito all’invasione da parte di alcune specie esotiche particolarmente invasive: Robinia pseudacacia, Prunus serotina, Ailanthus altissima e Phytolacca americana.
In alcuni tratti queste essenze hanno determinato la destrutturazione del bosco (strati arbustivi ed erbacei quasi completamente assenti) e un notevole abbassamento della biodiversità floristica. L’attuale piano di gestione prevede l’eliminazione delle essenze più grandi in grado di fruttificare e disperdere semi e il taglio delle specie che sarebbe difficoltoso sradicare, come l’erbacea Phytolacca americana.
Alcuni miglioramenti sono visibili: il sottobosco di alcune zone è stato ripulito dalle essenze più dannose e si va progressivamente ricostituendo la cenosi potenziale. In particolare sono stati sradicati grossi esemplari di ailanto, ciliegio tardivo e alcune robinie ormai invecchiate, mentre sono stati falciati gli innumerevoli esemplari di fitolacca che invadevano il sottobosco.
HABITAT 3150: Laghi eutrofici naturali con vegetazione del Magnopotamion o Hydrocharition
Tale vegetazione ha una estensione abbastanza limitata e si concentra nei due bacini artificiali. Tra le essenze principali si annoverano idrofite radicanti al fondo con foglie sommerse come Potamogeton perfoliatus, P. nodosus a cui si associano piccole fanerofite non radicanti al fondo come Lemna minor, L. trisulca, Spirodela polyrhiza. Alcune di queste specie non sono state osservate direttamente, ma ottenute dai recenti dati bibliografici.
Altre tipologie vegetazionali importanti
22.4311: Comunità idrofile ancorate sul fondo con foglie larghe a Nymphaea alba e Nuphar lutea. Si tratta di una cenosi non inserita nella lista Habitat, ma presente nei Codici CORINE. Tale vegetazione è costituita da comunità paucispecifiche in cui si ha dominanza di Nymphaea alba e la sua estensione si limita a piccole aree in prossimità dei bordi dei due bacini artificiali.
53.01: fragmiteti. Tale tipologia di vegetazione, non inserita negli Habitat, è costituita da canneti a Phragmites australis. Si tratta di consorzi quasi puri che costituiscono una fascia non molto estesa in prossimità delle bordure fangose delle zone umide. Si trovano nella fascia di oscillazione dei due bacini artificiali, causata dall’irregolarità dell’ apporto idrico del canale di alimentazione.
Oltre alla cannuccia di palude si trovano alcuni elementi caratteristici delle cenosi ripariali, tra cui Sparganium erectum, Lythrum salicaria, Schoenoplectus lacustris e Cyperus ssp.
Altre tipologie vegetazionali presenti sono poi quelle costituite da boschi di impianto a peccio (Picea excelsa), da robinieti, castagneti, pino-querceti, saliceti.
Nella porzione nord-ovest del sito è stata fatta alcuni anni fa una piantumazione di abeti rossi tuttora presente: si tratta di una fascia piuttosto ristretta confinante con il bacino artificiale posto più a nord in cui si ha la dominanza assoluta di Picea excelsa e dove il sottobosco è praticamente assente, trattandosi di una specie tipicamente montana e quindi non adeguata dal punto di vista ecolgoico all’ambiente planiziale.
I robinieti sono diffusi in tutta l’area, ma si concentrano lungo le fasce boscate ai margini dell’oasi, mescolandosi di tanto in tanto con il ciliegio tardivo. Il sottobosco di tali cenosi ha una biodiversità molto bassa: in alcuni casi Prunus serotina impedisce la sopravvivenza delle altre specie, ma talvolta permangono Polygonatum multiflorum, Pteridium aquilinum e Convallaria majalis.
Un piccolo castagneto, con essenze piantate precedentemente alla gestione WWF, si trova nella parte ovest del sito: anche in questo caso le specie di sottobosco sono decisamente scarse.
Nei pino-querceti si rinvengono esemplari a volte anche considerevoli di farnia e pini silvestri, sebbene entrambe le essenze siano in parte derivate da una piantumazione avvenuta negli anni passati. Il bosco attuale è eliofilo: gli alberi sono distanziati tra loro permettendo alla luce del sole di entrare facilmente e il sottobosco è caratterizzato da graminacee come Molinia arundinacea e Agrostis tenuis e dalla felce aquilina, oltre che dall’immancabile fitolacca.
Infine i saliceti presenti sono piccole cenosi igrofile poste tra i due bacini artificiali, non molto rappresentative sotto l’aspetto fitosociologico data la loro scarsa estensione, ma importanti per la biodiversità degli habitat dell’oasi stessa. Dal punto di vista fisionomico si tratta di boscaglie con alberi non molto alti, o limitati allo strato alto arbustivo, con essenze quali Salix alba, S. cinerea, Populus alba, Fraxinus excelsior e Sambucus nigra.
Sono presenti tre nuclei di fabbricati: la Cascina Gabrina, la Corte Branchi, il Centro Visite; isolata la torretta d’osservazione del Roccolo. Nell’area del Centro Visite vi è il Centro Recupero Animali Selvatici (C.R.A.S.) e la Stazione Sperimentale Locale; il C.R.A.S. è abilitato ad accogliere mammiferi, uccelli, rettili ed anfibi.
Data creazione: Tue Nov 29 11:56:22 CET 2016