Bartolomeo Merelli
Chi era in realtà Bartolomeo Merelli, l’uomo che scoprì, aiutò e rilanciò Giuseppe Verdi? Il personaggio è interessante e complesso. Il grande impresario nacque a Bergamo il 19 maggio 1794. Nella sua giovinezza — abbastanza vivace, secondo le fonti — studiò il cembalo “qual dilettante” e scrisse per l’amico Donizetti (di tre anni più giovane) i libretti de “I piccioli virtuosi ambulanti”, rappresentato nel 1819. Un sodalizio fortunato, poiché presto i due amici si misurarono con impegni di rilievo: l’opera “Enrico di Borgogna”, rappresentata a Venezia nel 1818 su commissione dell’impresario Piero Zancla e, nello stesso anno, “Il ritratto parlante”, quindi “Le nozze in villa”, rappresentata a Mantova nella stagione di carnevale 1820-21. Nel 1822, dopo la “Zoraide di Granata” al teatro Argentina di Roma, Merelli e Donizetti si separarono.
Dopo un soggiorno a Vienna, dove apre un’agenzia teatrale di successo, nel 1829 ritroviamo Bartolomeo nelle vesti d’impresario a Milano. Il suo mestiere, la sua vocazione. Dal 1829 al 1850 il Merelli diresse, con intelligenza, competenza e assoluta spregiudicatezza, gli imperiali regi teatri di Milano (la Scala e la Canobbiana), e, tra il 1829-31, anche la Fenice di Venezia. Intuito il genio di Verdi, lo accolse a La Scala e lo sostenne nei periodi bui. Dopo il successo del “Nabucco” convinse il bussetano a scrivere ancora “I Lombardi alla prima crociata” (1844) e “Giovanna d’Arco” (1845). Dopodiché i rapporti tra i due si ruppero clamorosamente. Perché? Problemi di denaro certamente — l’impresario era noto per la sua spregiudicatezza —, ma probabilmente incise l’ombra della (mai accertata) passata relazione del Merelli con Giuseppina Strepponi, prima compagna e, poi, moglie di Verdi.
La rottura con il Maestro non portò però molta fortuna a Bartolomeo. Anzi. Abbacinato dagli ingenti guadagni, Merelli spese somme ingenti nel tentativo, rivelatosi vano, di provare illustri origini della sua famiglia, affinché il figlio Luigi potesse essere educato in un collegio di nobili. La Prima guerra d’indipendenza gli procurò altri gravi danni economici. Dopo le Cinque Giornate del 1848, per la società milanese — ormai conquistata alla causa unitaria —, divenne “un’austriacante”. Una persona non gradita. Prudentemente, negli anni Cinquanta Merelli si trasferì a Vienna; persa la gestione del teatro viennese, riguadagnò — con indubbia capacità e una forte dose di trasformismo politico — quella de La Scala e del Regio di Torino nel triennio 1861-63, dopodiché nuovi guai finanziari lo indussero a ritirarsi nella sua casa di campagna presso Bergamo. Bartolomeo Merelli morì a Milano il 10 aprile 1879.
Data creazione: Tue Jul 04 16:07:07 CEST 2017