Verdi e il suo misterioso taccuino

taccuino“Verdi portava sempre con sé un libriccino di annotazioni legato in verde, che non gli serviva però per prendere appunti, ma per scrivere delle minute. Egli aveva l’abitudine di scrivere ogni giorno una fuga. Quando il quaderno era pieno, lo gettava via, perché considerava la più modesta ispirazione più della migliore cosa preparata, e lo scrivere fughe era per lui come una terapia, come una lubrificazione del suo meccanismo musicale interno, forse anche come un’ironica penitenza di suoi antichi peccati operistici.

Prendeva i temi delle sue fughe da un qualunque rumore: il richiamo di un venditore di gelati o di un barcaiolo, il grido che accompagna il lavoro dei trebbiatori e dei vignaioli, il pianto di un bambino, la cadenza di una breve frase musicale. Una volta fece stupire i suoi vicini sul banco senatoriale, l’amico Piroli e Quintino Sella, traducendo sopra quattro foglietti del suo libriccino il tumulto di una seduta parlamentare molto mossa, in una complicata doppia fuga”.

 

Franz Werfel, da “Verdi. Il romanzo dell’opera” Milano, 1929

 

 

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Ultimo aggiornamento: Wed Jul 05 09:20:02 CEST 2017
Data creazione: Tue Jul 04 16:00:42 CEST 2017