Il giovane Verdi a Milano
Estate 1832. Giuseppe Verdi sale da Busseto a Milano. Il 22 giugno presenta la sua domanda d’ammissione al Conservatorio come “alunno pagante”. Ha diciannove anni — troppi per l’occhiuto regolamento dell’Istituzione — e una passione bruciante per la musica. La sua unica possibilità d’accedere è provare ai suoi esaminatori d’essere degno di meritare una deroga — prevista dall’articolo dieci del regolamento — “per meriti eccezionali”. L’esame è arduo e gli esaminatori sono severi. Molto severi.
«È certo che la sorte sfavorevole si decise nell’esame di pianoforte, di cui era giudice il maestro Antonio Angeleri, distinto insegnante e teorico dello strumento. Verdi presentò un brillante “Capriccio” di Herz, con il quale era solito far furore nelle “accademie” di Busseto e dintorni. In quell’ambiente provinciale egli era portato alle stelle anche come pianista. Ma si vede che Baistrocchi, il vecchio organista delle Roncole, non gli aveva impostato la mano secondo gli ultimi dettami della tecnica pianistica».
Il ragazzo è bocciato. Nel verbale si legge che “avrebbe bisogno di cambiare la posizione della mano”, correzione che, considerata l’età, viene ritenuta ardua se non impossibile. La delusione è enorme. Verdi non dimenticherà mai la ferita inferta al suo orgoglio e alla sua arte, eppure non demorde. Decide di rimanere a Milano — Busseto e i bussetani per lui sono ormai il passato — e studiare privatamente.
Data creazione: Thu Jun 29 14:34:16 CEST 2017